Ho appena finito di leggere l'ultima fatica di Roberto Saviano e, per lui, esco un po' dal seminato di questo blog. Non mi sono mai proposto di fare "recensioni impegnate" su libri che non siano romanzi di intrattenimento, tuttavia volevo condividere con il web le mie impressioni su questo meraviglioso libro.
Non mi si fraintenda, nel libro non ci sono meraviglie, parla essenzialmente della storia del narcotraffico e racconta storie a riguardo. Si passa dalla Colombia all'Africa passando per il Messico, l'Italia, la Spagna e la Russia il tutto per mettere in luce come la cocaina sia il mercato globale più redditizio ed inclusivo che esista al mondo. Non è più una droga di elite ma una droga alla portata di chiunque. La cocaina viene utilizzata dal tuo vicino di casa, dal postino, dai tuoi amici all'università, dal tuo professore, dall'infermiere e dal medico. E' uno scenario inquietante e purtroppo è la nostra realtà. Il libro spiega i meccanismi che governano il narcotraffico dalla produzione al trasporto. Sono storie che si DEVONO conoscere.
Qual è la soluzione per Saviano? Appunto la conoscenza. Vi ripropongo un estratto dell'ultimo capitolo: credo di non aver mai letto parole così adeguate per descrivere l'importanza del conoscere, del capire.
Conservo
ancora rispetto. Rispetto per chi legge. Per chi strappa un tempo
importante della sua vita per costruire nuova vita. Nulla è più potente
della lettura, nessuno è più bugiardo di chi afferma che leggere un
libro è un gesto passivo. Leggere, sentire, studiare, capire è l'unico
modo di costruire vita oltre alla vita, vita a fianco della vita.
Leggere è un atto pericoloso perchè dà forma e dimensione
alle parole, le incarna e le disperde in ogni direzione. Capolvolge
tutto, fa cadere dalle tasche del mondo monete e biglietti e polvere.
Conoscere il narcotraffico, conoscere il legame tra la razionalità del
male e del danaro, squarciare il velo che ottunde la supposta
consapevolezza del mondo. Conoscere è iniziare a cambiare. A chi queste
storie non le butta via, non le tralascia, le sente proprie, a queste
persone va il mio rispetto. Chi si sente addosso le parole, chi se le
incide sulla pelle, chi si costruisce un nuovo vocabolario, sta mutando
il corso del mondo perchè ha capito come starci. E' come spezzare le
catene. Le parole sono azione, sono tessuto connettivo. Solo chi conosce
queste storie può difendersi da queste storie. Solo chi le racconta al
figlio, all'amico, al marito, solo chi le porta nei luoghi pubblici, nei
salotti, in aula, sta articolando una possibilità di resistenza. Per
chi sta da solo sull'abisso è come stare in gabbia, ma se sono molti a
decidere di affrontare l'abisso, allora le sbarre di quella cella si
squagliano. E una cella senza sbarre non è più una cella.
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